linea calda — il nostro “mondo fuori”, ma da dentro — ep.due: giasone

linea calda è una rubrica di interviste anonime ad atleti e professionisti del mondo della montagna.
è uno spazio, questo, in cui vengono riportate le contraddizioni, le illusioni, i no-sense che un professionista è costretto ad affrontare oggigiorno nell’industria di mamma outdoor. il tutto senza tanti fronzoli.
ai partecipanti, per garantire loro la massima libertà d’espressione, è stato cambiato il nome e il sesso; da qui il carattere anonimo del format.

ho deciso di iniziare questa rubrica perché il mondo della montagna ha preso una direzione che mi preoccupa e che credo sbagliata -sicuramente migliorabile- per noi che la frequentiamo e, ovviamente, per la natura stessa.

lamento delle forti e ingiustificate frustrazioni verso qualsiasi pensiero o azione che non reputo, anche se in minimissima parte, indirizzate verso il bene comune, qualcosa di più grande. questo podcast non verbale ha l’unico e ambizioso scopo di far riflettere.

nel secondo episodio ho il piacere di presentarvi giasone.
giasone viene dal mondo del running. è runner e allenatore.

TRALASCIANDO IL FATTO CHE TI SIA STATO CHIESTO, PERCHÉ HAI DECISO DI PARTECIPARE A QUESTA RUBRICA?

Perché per formazione sono stato abituato a pensare che chi lavora deve provare a far sentire la propria voce. E nel tempo ho capito che è altrettanto importante ascoltarsi. Mi è sembrata un'ottima occasione per capire se le mie necessità sono le stesse degli altri professionisti dell'outdoor.

QUALI SONO I PRINCIPALI PROBLEMI DELL’INDUSTRIA DELL’OUTDOOR, ORA COME ORA?

Sicuramente, a tutti i livelli, il paradosso del problema ambientale. Ci troviamo a creare una "domanda" che sappiamo bene non sia sostenibile eppure tutti (aziende, atleti e professionisti) lavoriamo nella direzione di aumentare i consumi di beni inquinanti o di servizi non compatibili. Capisco che è un paradosso comune a tutta la civiltà moderna, ma noi ci vendiamo anche per essere "attenti". E poi, forse, essere prigioniera di un'estetica dell'"impossibile" che non è più "inutile", ma è diventato "essenziale" per affermarsi. E'un po' fare finta che tutti possono tutto, e sapere di vendere una parte di sogno per rendere tutti protagonisti di qualcosa.

QUALI SONO INVECE LE PROBLEMATICHE PRINCIPALI CHE RISCONTRI, NEL TUO SETTORE, OGGIGIORNO?

La mancanza di una "cultura" di quello che si fa: la facilità di reperire informazioni, che si danno per buone anche se non abbiamo gli strumenti per valutarle e validare le scelte, ha cancellato la ricerca, il processo di scoperta, l'emozione della prima volta, la sana abitudine a darci una facciata. Io utente so esattamente cosa voglio, e devo arrivarci, incurante del processo: dall'altra parte il mio compito di professionista dell'outdoor potrebbe essere anche solo di portare la gente in quel luogo reale o virtuale e dargli una foto da postare. Il Moloch del risultato a tutti i costi: vado a correre/arrampicare/sciare/camminare nello stesso modo in cui in ufficio mi dicono che fa strada solo chi non fa prigionieri. E chi resta indietro può essere dimenticato.
Dal punto di vista pratico, invece, è la difficoltà a far capire la mia professionalità e il suo valore dal punto di vista meramente economico: ma forse fa parte della mancanza di "cultura" di qui sopra... aka "Beato te che ti diverti". In ultimo, ma anche questo è legato a quello scritto qui sopra e ancora sopra, la concorrenza sleale di chi non è un professionista e si nasconde dietro al dito, non fa formazione, non investe denaro, non rischia niente tanto gli arriva comunque lo stipendio dell'altro lavoro a fine mese. Per quelli si che è davvero un "divertimento" o poco più. Vengono, fanno rumore e poi scompaiono in silenzio, perché sopravvive solo chi sa che per tirare fuori lo stipendio deve creare qualità 24/7. Ma nel mentre rompono i coglioni e non costruiscono niente.

QUALE È STATA LA COSA PIÙ STRANA CHE TI SIA STATA CHIESTA? A QUALI COMPROMESSI SEI DOVUTO SCENDERE?

Non credo mi sia mai stato chiesto niente di così assurdo, si vede che incuto timore o comunico bene cosa faccio. Compromessi? Quotidiani. Il più grosso è dover avere una dimensione pubblica con cui le persone possono identificarsi. Ma mi permette di campare e di cercare di creare quella "cultura" nell'ambito di uno sport che è comunque ancora la mia più grande passione. E poi, se sali sulla giostra, sai bene che devi adattarti alle regole del gioco, inutile lamentarsi dopo.

DI COSA HA BISOGNO UN PROFESSIONISTA, RELATIVAMENTE AL TUO SETTORE DI RIFERIMENTO, IN QUESTO PERIODO STORICO?

Di opportunità per confrontarsi con altri professionisti. Di crescere "insieme". E di potersi ritagliare degli spazi per crescere, con la formazione e la ricerca.
Nella mia posizione specifica, sarebbe bello un supporto che fosse slegato dalle logiche classiche della "visibilità" e che facesse più attenzione ai contenuti, ma mi rendo conto che le aziende sanno fare bene i loro calcoli e che anche loro spesso sono nella nostra stessa posizione: devono reinventarsi una "brand identity" a stagione invece di poter raccontare davvero chi sono, cosa fanno e perché lo fanno.

DI COSA HA BISOGNO LA MONTAGNA INVECE?

D'istinto viene la risposta facile, e cioè di essere lasciata in pace. Ma sono frasi a effetto che non dicono niente e ci sono già abbastanza cialtroni nel nostro mondo. La realtà è quella che la sopravvivenza economica di chi in montagna vive ed opera deve essere l'obbiettivo reale, e va raggiunto coniugando le necessità di chi la vive, inteso sia come lavoratore che come utente, con il massimo livello possibile di sostenibilità.
Contrariamente a tanti utopisti, io dico che la montagna ha bisogno di spazi per essere vissuta da tutti, di infrastrutture accessibili e che avvicinino la gente alla montagna. Ma che allo stesso modo ha bisogno di posti che siano per pochi. O forse anche per nessuno. Forse dobbiamo dimenticare una certa retorica altezzosa e il tutti contro tutti: accettare che la montagna sia anche una risorsa economica importante, ma che va utilizzata con lungimiranza e senza elitarismi.

TI PIACEREBBE UN GIORNO RIVELARE AI LETTORI LA TUA IDENTITÀ E FARTI PORTAVOCE DI QUANTO HAI SCRITTO?

Si, senza problemi.

SAPRESTI DARE UNA POSSIBILE SOLUZIONE ALLE PROBLEMATICHE CHE HAI EVIDENZIATO?

No, se non quella del costruire, accettando anche i piccoli passi: "casa per casa, strada per strada" diceva uno saggio. Lo stesso che diceva che "ci si salva e si va avanti se si agisce insieme e non solo uno per uno".

COS’HA QUESTO MONDO, QUELLO OUTDOOR, DI DIVERSO DA TUTTO IL RESTO CHE TI CIRCONDA?

Niente, è un riflesso della società in cui viviamo perché prima che atleti, professionisti o adetti ai lavori siamo persone e quindi riportiamo nel mondo outdoor quello che siamo nella società in generale. Non l'ho mai visto come un insieme di illuminati, salire in cima ad una montagna non fa di nessuno una persona migliore. Poi, all'interno del mondo outdoor si conoscono persone di spessore. Ma anche al bar, al supermercato, alla partita o in coda alla Posta.

C’È QUALCOS’ALTRO CHE CI TERRESTI PARTICOLARMENTE AD
AGGIUNGERE?

No.